domenica 21 agosto 2011

IL TERMOMETRO DELL'ECONOMIA

Il termometro dell’economia

Noi possiamo farcela: come è perché

Come monitorare l’andamento dell’economia di un Paese o di un gruppo di Paesi della stessa area monetaria? Questo scritto non avrebbe ragione di essere se non fosse che il parametro attualmente utilizzato, cioè il prodotto interno lordo, (P.I.L.) è, a giudizio dello scrivente, assolutamente inadeguato allo scopo. Ho trattato del P.I.L. e dei suoi limiti in un precedente scritto[1] e pertanto rimando alla lettura del medesimo per comprendere quanto asserito.

Come procedere allora? A mio giudizio occorre sostituire il PIL con tutta una serie di altri indicatori di seguito indicati, e precisamente:

  • la propensione al risparmio;
  • la percentuale di esportazioni;
  • le giornate di permanenza di turisti stranieri;
  • il grado di dipendenza dei consumi energetici dall’estero;
  • il numero di abitazioni di proprietà;
  • intensità di copertura del Territorio da parte delle piccole banche locali;
  • entità del debito pubblico sia dello Stato (o degli Stati) sia degli altri enti locali territoriali nei quali sono suddivisi amministrativamente i vari Stati;
  • tasso di inflazione;
  • numero di artigiani; numero dei piccoli imprenditori agricoli; numero dei riparatori; numero di casalinghe;
  • grado di autosufficienza alimentare;
  • speranza di vita degli abitanti;
  • tasso di natalità;
  • percentuale di dipendenti dello Stato e degli Enti Pubblici territoriali sul totale della popolazione;
  • numero dei distretti industriali e delle reti di piccole imprese;
  • numero dei volontari cioè di coloro che si offrono nelle varie attività di volontariato per far fronte gratuitamente alle varie emergenze sociali e civili;

Il presente lavoro sviluppa alcune considerazioni già pubblicate in precedenti quaderni ai quali rimando per chi vuole farsi un’idea molto più precisa dell’argomento trattato. I quaderni ai quali mi riferisco sono: 1) la disoccupazione come contrastarla 2) il risanamento di bilancio degli enti pubblici 3) il debito pubblico dello Stato italiano: come ridurlo 4) la dignità dell’anziano 5) la libertà dell’anziano.

Propensione al risparmio: per quanto riguarda la propensione al risparmio è evidente come questa sia di fondamentale importanza poiché, un popolo di risparmiatori, graverà meno sulle finanze pubbliche in caso di difficoltà di vario ordine che, sempre, con il passare degli anni, sopraggiungono. Un popolo di risparmiatori è un popolo che sa auto amministrarsi[2] e che quindi, non solo non graverà pesantemente sulle finanze pubbliche, ma anche impedirà il sorgere di un sistema di normative sociali le quali a loro volta finiranno con l’appesantire il costo della pubblica amministrazione e dello stato sociale. Anche questi argomenti sono stati già trattati in precedenti quaderni[3].

Percentuale esportazioni, giornate di permanenza dei turisti stranieri: un indice molto importante per valutare lo stato di un’economia è la sua capacità di competere sui mercati internazionali. Ecco dunque un indicatore adatto: esportazioni procapite. Un altro indicatore per indicare l’attrattiva non sono ambientale ma soprattutto culturale di un sistema Paese, è dato dal turismo. Sono sempre più convinto che oggi nel mondo si effettuano esportazioni e si attraggono turisti non tanto per la qualità delle merci e dei servizi venduti o per la bellezza dei luoghi da visitare, ma soprattutto per quella che potremmo definire “immagine Paese”. Si va in un posto non tanto per visitarne le bellezze, quanto per osservare il modo di vivere di un’altra popolazione (aspetto culturale).

Grado di dipendenza dei consumi energetici dall’estero: E’ chiaro che questo rappresenta un punto debole del sistema economico analizzato poiché l’energia è da un lato un bene necessario e, dall’altro, i prezzi della medesima sono determinati più dai produttori che dai consumatori.

Numero di abitazioni di proprietà: il nostro Paese, come è noto, è caratterizzato da una delle più alte percentuali di proprietari della casa di abitazione. E’ questa la forma più importante di risparmio e di auto previdenza. Chi possiede la casa di abitazione potrebbe utilizzare tale patrimonio per far fronte a difficoltà economiche e finanziarie senza rinunciare al piacere di poter continuare a vivere nella casa dove si è svolta la vita sua e dei suoi cari; casa a volte da lui stesso costruita secondo esigenze sue particolari. Si tratta di monetizzare una parte dell’investimento vendendo la nuda proprietà dell’abitazione e conservandone l’usufrutto. Come già detto in una precedente ricerca[4], il ricavato della vendita della nuda proprietà può essere trasformato in un vitalizio, e quindi sgravare la Comunità dai gravosi costi rappresentati dalle pensioni sociali e dall’assistenza sanitaria.

Intensità di copertura del Territorio da parte delle piccole banche locali: le banche locali, soprattutto le piccole banche locali come le ex casse rurali e artigiane, ora Banche di Credito Cooperativo, assumono un ruolo importantissimo per favorire il risparmio, indirizzando inoltre le risorse raccolte allo sviluppo qualitativo e quantitativo, non solo economico, ma anche civile e sociale, delle realtà dove sono insediate; realtà queste strettamente legate al successo dell’attività dell’intermediario creditizio. Questo stretto collegamento che si ha nelle piccole realtà di luogo tra banca locale e sviluppo economico e civile, porta anche a migliorare la professionalità dei piccoli banchieri, ai quali non sfuggono certo le connessioni del contesto dove sono insediate, e quindi sono maggiormente in grado di valutare la bontà delle iniziative economiche chiamate a sostenere.

Debito pubblico: per quanto riguarda i debiti contratti dagli enti pubblici per sostenere la propria attività, si tratta di un fattore negativo. Innanzi tutto la somma di tali debiti andrebbe suddivisa per il numero di abitanti del Paese analizzato. Insomma occorre tenere sotto controllo il debito pubblico procapite. E’ evidente che il ruolo del debito pubblico determina nel valutare la situazione economica di un Paese un effetto esattamente contrario a quello del risparmio di cui si è detto. Con il risparmio si rinuncia a delle spese oggi per far fronte a possibili spese future. Con i debiti, da chiunque contratti, si finanziano spesso spese attuali scaricandone il prezzo da pagare sui bilanci futuri e, quindi, porteranno ad una riduzione della capacità di far fronte a spese in futuro.

Per stabilire quando detto ammontare è compatibile con la realtà economica del Paese mi viene in mente una comparazione con le tecniche di valutazione del fido applicate dalle aziende di credito alle imprese. Ebbene se un’impresa possiede capacità di rimborso allora potrà essere affidata ed ottenere finanziamenti con i quali sostenere la propria attività. Se la capacità dell’impresa non è accertabile con sicurezza allora l’aziende di credito chiederanno alle imprese garanzie patrimoniali ed applicheranno sui prestiti tassi di interesse più elevati a titolo di premio per compensare i maggiori rischi di perdita sulle somme erogate. Ecco, se un’economia è buona il lavoro svolto dai suoi abitanti e la buona amministrazione dei suoi governanti, consentiranno di far fronte al rimborso dei prestiti ottenuti. Ciò presuppone tuttavia che i prestiti ottenuti siano impiegati in modo produttivo cioè o per aumentare la ricchezza futura avviando buone iniziative economiche o per eliminare costi che altrimenti continuerebbero a gravare sui bilanci. Quindi se un’economia è buona ed il debito contratto dallo Stato e dagli altri Enti Pubblici territoriali è servito per avviare buone iniziative economiche che produrranno vantaggi nel tempo allora l’ammontare del debito non è preoccupante. Volendo elaborare un indice per comparare il peso del debito pubblico nella realtà di un Paese con quello degli altri Paesi, proporrei di calcolare il debito pubblico medio procapite.

Inflazione: per quanto attiene la governabilità del sistema economico e quindi lo stato di salute dell’economia, occorre a mio parere fare attenzione al tasso di inflazione. E’ noto a tutti come l’inflazione, ovvero la perdita di potere di acquisto della moneta legale, produce difficoltà nel valutare le nuove iniziative economiche ed anche una redistribuzione della ricchezza non sempre virtuosa: favorisce spesso le rendite a danno dell’attività produttiva.

Anche l’eccessiva quantità di dipendenti occupati nella pubblica amministrazione, sia centrale che periferica, è un indice di appesantimento nei processi operativi ed economici che spesso, invece di agevolare i comportamenti ritenuti socialmente più corretti ed utili, finisce con il rendere il sistema amministrativo troppo complesso, e quindi con il favorire l’attività di quanti si inseriscono nella funzione pubblica per trarne unicamente dei vantaggi personali. Questo non fa certamente bene all’economia né d’altronde alla qualità del sistema sociale e civile.

Numero di artigiani, numero di piccoli imprenditori agricoli, numero di riparatori, numero di casalinghe: ritengo che questi siano gli indicatori da utilizzare per quanto attiene alla misurazione della qualità dell’economia. A mio parere infatti un’economia con pochi riparatori è anche un’economia dell’usa e getta, e quindi non un’economia di qualità, con tutte le conseguenze che ciò determina: disoccupazione, spreco di risorse, danneggiamento ambientale, scarsa qualità dei prodotti destinati all’alimentazione. Quando i prodotti sono di qualità e destinati a perdurare, allora si avrà anche una schiera di riparatori che interverranno per la manutenzione dei medesimi. Insomma questo indice sta a indicare se l’economia in esame è un’economia della qualità o un’economia dell’usa e getta. A questo proposito mi viene in mente questa idea: perché non tassare di più i consumi e tassare di meno le attività produttive? Se si procedesse in tal modo si otterrebbe il risultato di favorire le produzioni di qualità e di scoraggiare quelle dell’usa e getta. Inoltre perché non agevolare i riparatori esentandoli da ogni imposta e da ogni adempimento amministrativo?

Come noto, poiché il lavoro domestico svolto dalle casalinghe non è retribuito non concorre a determinare, secondo il parametro del PIL, la ricchezza prodotta in un dato periodo nel Paese. Si tratta, ad evidenza, di un metodo di rilevazione della ricchezza prodotta e della qualità della vita sbagliato. A nessuno può sfuggire quanto importante sia per la qualità della vita il lavoro svolto dalle donne in ambito domestico. Tutta una serie di servizi alle persone che in mancanza del lavoro femminile graverebbe sui costi sociali della pubblica assistenza quali la cura e l’educazione dei minori, la cura e l’assistenza agli anziani, la cura e la manutenzione delle abitazioni, che sono altrettanti aspetti dell’economia reale, sfuggono ad ogni rilevazione statistica e mettono ulteriormente in evidenza i limiti del parametro (PIL) con il quale pretendiamo di valutare il buon andamento dell’economia. Insomma le donne che lavorano in casa e che si prendono cura della stessa e dei familiari sono per la contabilità nazionale persone nulla facenti e, peggio, persone che non danno un contributo alcuno allo sviluppo economico e civile del Paese. Quale assurdità! La famiglia, come si sa, è la cellula fondamentale della società civile; la famiglia è anche il luogo dove ci si educa al senso della responsabilità sociale e della solidarietà. Sono convinto che una sana economia debba necessariamente basarsi su sane famiglie e, le famiglie sono tali, quando a tutti i componenti delle medesime viene riconosciuto il contributo morale e materiale da essi fornito. Perché non dare un contributo alle donne che lavorando in casa (casalinghe) si prendono cura degli anziani della famiglia utilizzando parte delle risorse che l’assistenza pubblica dedica agli anziani per l’assistenza sanitaria e domiciliare? Ne acquisterebbero dignità delle persone, la qualità della vita ed anche, e questo mi fa sorridere, il PIL.

Grado di autosufficienza alimentare, speranza di vita, tasso di natalità: Anche l’autosufficienza alimentare che spesso è il presupposto per il controllo della qualità degli importanti beni destinati all’alimentazione è una caratteristica di una economia di qualità. Una buona economia è anche un’economia che assicura agli abitanti di un determinato Paese la qualità dei consumi alimentari. A questo proposito vi sono altri parametri che consentirebbero di valutare la qualità della vita e quindi indirettamente della qualità dell’economia. Mi riferisco alla speranza di vita ed al tasso di natalità. E’ evidente che queste saranno tanto maggiori quanto migliore sarà la condizione economica degli abitanti di un determinato Paese che, possedendo maggiori risorse finanziarie, possono dedicare maggior tempo alla cura della propria salute. Un Paese con basso tasso di natalità è un Paese nel quale i suo abitanti nutrono forti preoccupazioni per il futuro, evidentemente a ragione, e per la capacità che essi avranno di provvedere alle future esigenze. Chi mette al mondo figli lo fa tenendo conto della propria situazione economica e dei cambiamenti previsti negli scenari economici e sociali. Chi non mette al mondo figli non ha una grande fiducia sul futuro, sulla qualità della vita e quindi anche sull’economia che in gran parte determina gli scenari evolutivi.

Numero di distretti industriali e reti di piccole imprese: la piccola impresa ha dei vantaggi competitivi rispetto alla grande impresa e non solo svantaggi come spesso si asserisce; in una grande impresa dove lavorano 100.000 dipendenti vi sono meno “menti pensanti” di quante ve ne sono in 1.000 imprese con 100 dipendenti l’una. Inoltre la grande impresa è vincolata nella sua attività dalle caratteristiche che ha assunto il suo apparato produttivo il cui costo, dovendo essere recuperato, condiziona grandemente le scelte gestionali. Si obbietta tuttavia che la grande impresa può beneficiare delle cosiddette economie di scala. Tuttavia il tessuto delle piccole imprese, caratteristico dell’attività imprenditoriale italiana e di alcune Regioni come le Marche, ha espresso come soluzione competitiva quella dei distretti industriali, Territori questi dove si raccoglie l’insieme delle attività necessarie per svolgere con successo l’attività produttiva riferita ad alcuni prodotti ed anche le reti di piccole imprese. Con le reti le piccole imprese riescono a determinare una massa di impatto nelle proprie relazioni commerciali ed una flessibilità operativa di tutto rispetto. E’ come se fossero un’unica grande impresa, tuttavia mantengono i punti forti della piccola impresa, cioè la flessibilità, la specializzazione, la forte cultura imprenditoriale.

Numero di volontari: il numero dei volontari presenti in un determinato Paese è da un lato un indice di squilibri economici e sociali e, dall’altro, è un indice della grande energia e del forte impulso solidaristico e di responsabilità sociale che la sua popolazione sa esprimere. Ebbene un Paese dove alto è il numero di volontari è anche un Paese molto civile dove le difficoltà vengono affrontate anche con sacrificio personale. La cultura che sta alla base del volontariato è una cultura che fa buona l’economia cioè quella cultura del “rimboccarsi le maniche” che porta ad affrontare i problemi piuttosto che ad ignorarli, a rimandarli nel tempo od a scaricarli ad altri. Ebbene, come non pensare che un popolo che esprime questa cultura non sappia anche esprimere una buona economia?

Concludendo, come disse Nixon nel famoso discorso sulla dichiarazione di inconvertibilità del dollaro in oro che mise fine di fatto agli accordi di Bretton woods, una moneta è buona quando l’economia del Paese che la esprime è buona. Ecco quindi che il nostro lavoro potrebbe essere utilizzato: per comparare lo stato di un’economia di un Paese con quello di un altro Paese; per verificare i cambiamenti intervenuti nello stato dell’economia in un particolare Paese o area monetaria rispetto al passato; per valutare la solidità della moneta avente corso legale nel suddetto Paese o Paesi nei quali essa ha corso legale, per indicare gli interventi di politica economica utili al fine di migliorare lo stato dell’economia. Tutto ciò premesso mi chiedo quali siano i cosiddetti fondamentali utilizzati dalle società di rating per valutare la rischiosità dei debiti cosiddetti sovrani (cioè emessi dagli Stati). Si sente che i debiti dello Stato italiano destano una qualche preoccupazione come quelli di altri paesi europei. A me sembra che se dovessimo utilizzare i parametri sopra indicati la pagella da assegnare al sistema economico italiano sarebbe molto più generosa di quanto asserito dalle suddette società di rating. Il nostro Paese può farcela: quando la strada presa è sbagliata il modo per andare avanti è quello di tornare indietro. Dobbiamo ritornare agli insegnamenti e all’eredità culturale che ci hanno lasciato i nostri genitori, e cioè a come l’artigiano e i contadini affrontavano le difficoltà. In Italia l’eredità culturale che queste categorie di lavoratori ci hanno trasmesso è ancora molto viva, soprattutto in alcune regioni del Paese; si vedano sull’argomento i quaderni sulla cultura artigianale e il numero sulla cultura contadina. Ritengo pertanto che il nostro Paese possa farcela a superare la grave crisi finanziaria, nonché gli squilibri sociali, che questa sta provocando. Un esempio concreto delle grandi potenzialità esistenti nel nostro Paese a livello culturale è quello del centro ARTELAVORO[5], ideato e realizzato da Don Ezio, parroco di Trasanni. Si tratta di una risposta perfetta sia per risolvere il problema della disoccupazione giovanile sia per irrobustire il nostro sistema economico con il lavoro artigianale. Il suddetto centro non è stato finanziato dallo Stato o da altri enti pubblici ma dalla generosità e dall’intelligenza della popolazione che ha contribuito generosamente. Un altro esempio di quanto forte possa essere l’influenza culturale nel determinare le energie e le risorse necessarie per affrontare la crisi è dato, come già detto, dall’incredibile esercito di volontari che fa dell’Italia il Paese a più alta intensità di volontari al mondo. Un primato di civiltà e di solidarietà sociale nobilissimo di cui essere orgogliosi. Tanto per rimanere in tema, il lavoro e la fatica svolto dai volontari, non essendo remunerati, non vengono rilevati dal PIL (Prodotto Interno Lordo), il quale rileva solo le transazioni regolate monetariamente, come Voi certamente sapete rispettabilissime società di rating. Insomma il lavoro reale e quanto mai necessario per un buon ordine sociale ed economico, il volontariato, non viene rilevato ai fini della determinazione della ricchezza prodotta in un dato periodo da un Paese. Giudicate voi e riflettete sulla necessità di ripensare i parametri da utilizzare per valutare il buon andamento di un’economia.

Concludo pertanto invitando le società di rating ad un maggior approfondimento degli indicatori che possono essere utilizzati nel determinare lo stato dell’economia e ad abbandonare il metodo del prodotto interno lordo che, a mio giudizio, sta creando solo confusione ed errori di valutazione.

Di Attilio Giampaoli

[1] Per approfondimenti consultare la XII edizione del volume “Per un’Armonia dell’Economia” a pagina 61 e seguenti.

[2] Per approfondimenti consultare il quaderno n°9: “Imparare ad auto amministrarsi”.

[3] Per approfondimenti consultare il quaderno n°17: “La cultura artigianale ovvero l’artigianato ci salverà”.

[4] Per approfondimenti consultare il quaderno n°10: “La dignità dell’anziano”.

[5] Per approfondimenti consultare il quaderno n°22: “L’artigiano nell’era della tecnologia avanzata”.

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