domenica 21 agosto 2011

LA CULTURA ARTIGIANALE: L'ARTIGIANATO CI SALVERA'

La cultura artigianale, ovvero l’artigianato ci salverà

Come è noto ogni arte o mestiere determina un modo di agire e di pensare particolare del lavoratore in esso impegnato. In tempi di grande smarrimento, come l’attuale, dove sembra siano venuti meno i riferimenti valoriali alla base delle relazioni sociali, ritengo importante verificare il contributo che le varie culture espresse dal mondo del lavoro possono apportare alla soluzione dei problemi attuali.

In questo scritto mi soffermerò su quella che a mio parere è la cultura artigianale ed i valori da essa espressi. A me sembra che il lavoro dell’artigiano abbia lasciato nel tempo un’eredità culturale molto importante poiché essa si basa da un lato sulla piena realizzazione e valorizzazione del lavoratore e, dall’altro, favorisce l’acquisizione della responsabilità sociale e conseguentemente lo sviluppo civile delle varie comunità. Un particolare rilievo assume a mio giudizio la cultura artigianale nella educazione non solo professionale, ma anche civile, del lavoratore. Tutto questo a motivo della “onorabilità” collegata al proprio lavoro; aspetto questo che determina nel tempo un continuo impegno a migliorare la propria professionalità ed a puntare su prodotti e servizi di qualità sempre più elevata. La remunerazione dell’artigiano avviene non solo attraverso il denaro ma soprattutto attraverso il riconoscimento sociale del lavoro da lui svolto. Tutto ciò avviene anche per il fatto che il frutto del suo lavoro è visibile e pertanto la qualità del lavoro svolto viene più facilmente riconosciuta rispetto ad altre attività lavorative.

Questo determina una caratteristica molto importante nello svolgimento del proprio lavoro e cioè una capacità autocritica, che è quella di interrogarsi continuamente, soprattutto di fronte ad insuccessi e nei momenti difficili, per capire che cosa deve fare o non deve più fare per migliorare i proprio prodotti e i propri servizi.

Quando la via presa è sbagliata il modo corretto per procedere è quello di tornare indietro. Non sembra anche a voi che ci siamo inoltrati in una jungla dove il disordine economico e civile regna sovrano? Non è sempre stato così. Molti di noi hanno viva la memoria degli insegnamenti ricevuti dal padre artigiano, insegnamenti sui quali è opportuno tornare a riflettere per vedere di ritrovare la strada perduta, l’unica che ci può portare a un reale sviluppo economico e civile.

Chi nel proprio lavoro è attento soprattutto alla qualità del medesimo, come ad esempio i genitori, gli scienziati, gli artisti, e gli artigiani di cui stiamo parlando, è portato a riflettere maggiormente sull’attività da lui svolta e sui risultati ottenuti. Insomma il lavoro dell’artigiano favorisce l’acquisizione di quello spirito autocritico necessario per il buon esercizio delle attività umane, al fine di migliorare l’organizzazione dell’attività economica e della vita sociale.

Chi nello svolgimento della propria attività è particolarmente attento alla qualità del lavoro svolto è maggiormente predisposto a gestire gli insuccessi e quindi, quando è necessario, sa anche ricominciare da capo. Tuttavia come già scrissi in un mio precedente lavoro[1] vi sono a volte dei condizionamenti culturali che si frappongono ad una corretta gestione dell’errore.

Si pensi ad esempio al mito del progresso tecnologico e cioè a quella fiducia irrazionale che porta a sostenere che tutto ciò che è frutto della innovazione e delle ricerca tecnologica vada sempre accolto nella convinzione che ciò porterà ad un reale sviluppo economico e civile. Come sappiamo e possiamo constatare non è esattamente così. Si pensi ad esempio ai rischi connessi con la produzione di energia nelle centrali nucleari.

Per comprendere la struttura portante della cultura artigianale io partirei proprio dal seguente aspetto: l’artigiano con il suo lavoro si presenta alla comunità manifestando ad essa la sua intelligenza, creatività, professionalità, laboriosità e, in sostanza, la sua capacità di rendersi utile agli altri ed alla comunità di appartenenza. Ne deriva per l’artigiano il rispetto e la considerazione sociale di cui tutti abbiamo bisogno.

Il lavoro dell’artigiano è quindi in un certo senso un lavoro visibile che parla del lavoratore stesso, del suo impegno, della sua intelligenza e della sua volontà. Non è quindi un lavoro alienato; egli non delega ad altri la gestione della sua capacità lavorativa.

Dell’attività lavorativa svolge personalmente tutti gli aspetti: la progettazione dell’attività da svolgere nonché l’esecuzione materiale del lavoro. Egli è al contempo imprenditore ed operaio. Ne deriva quindi uno sviluppo di una particolare sensibilità a quegli aspetti che hanno storicamente lacerato il mondo del lavoro e una particolare sensibilità a capire sia le esigenze di chi avvia un’attività di impresa, sia quelle di chi è chiamato come operaio al lavoro esecutivo. E’ in grado quindi di capire il contributo che al successo dell’attività economica può dare il lavoro intellettuale e il lavoro manuale ed anche la capacità di auto amministrarsi.

Essendo inoltre gestore soprattutto di se stesso e delle proprie risorse diviene sempre un buon amministratore e, quindi, un attento valutatore delle opportunità che le diverse situazioni economiche e sociali nelle quali viene a trovarsi possono offrirgli.

Questo suo atteggiamento nel cogliere le opportunità espresse dalle varie situazioni e soprattutto dalle situazioni difficili favorisce anche l’acquisizione da parte sua di una particolare sensibilità a cogliere le inefficienze amministrative delle istituzioni pubbliche. A ben riflettere potremmo dire che la cultura artigianale esprime una particolare impronta del tipo problem solving quanto mai necessaria in tempi di confusione e di grave crisi nelle relazioni economiche e sociali. A me sembra che l’artigiano possa essere oggi non solo un Maestro di Mestiere ma anche un Maestro di Vita. Il laboratorio artigianale è una vera e propria Scuola dove gli apprendisti vengono avviati alla maturazione umana, civile e professionale. Quale istituzione oggi può dire di assolvere a questa importante funzione senza gravare oltretutto sui conti della comunità? L’artigiano non solo non viene pagato per i suoi insegnamenti professionali ma non gode, a quanto mi risulta, nemmeno di alcuna agevolazione per quanto riguarda il costo dei contributi chiamato a versare a favore degli apprendisti ai quali sta insegnando il mestiere o l’arte. Ecco quindi alcune eredità che la cultura artigianale ha lasciato a nostro beneficio:

  1. affrontare i problemi e le difficoltà chiedendosi innanzitutto “dove ho sbagliato?”;
  2. fare attenzione ai disagi e alle difficoltà presenti nella propria comunità al fine di cogliere le opportunità di inserimento lavorativo da esse provocate;
  3. investire continuamente nella propria professionalità (mi ricordo un detto che sentivo sempre da piccolo: “impara l’arte e mettila da parte”);
  4. impiegare al meglio le proprie risorse lavorative abbandonando le attività non remunerative o non soddisfacenti e quindi ad abbandonare le impostazioni lavorative erronee;
  5. favorire una cultura economica in cui l’interesse e la libertà personale si conciliano con il bene comune;
  6. la trasmissione dei saperi di generazione in generazione con il corollario di valori e di esperienze vissute;
  7. la convinzione che si raccoglie ciò che si semina;
  8. la capacità di auto amministrarsi[2]. Essendo i suoi ricavi variabili egli è molto attento a non procurarsi dei costi fissi, da un lato, e dall’altro a migliorare il proprio impegno qualitativo e quantitativo nell’attività lavorativa. L’artigiano è inoltre un ricercatore: dal suo lavoro emergono importanti indicazioni di innovazione di processo e di prodotto. Poche altre attività assumono tutte queste connotazioni positive. Le uniche che mi sento di accostare sono quelle del ricercatore studioso e quella dell’imprenditore agricolo.
  9. il superamento della visione classista del mondo del lavoro tra sfruttati e sfruttatori;
  10. il rifiuto dell’arricchimento facile, senza sacrifico e senza professionalità come certa cultura mercantile e finanziaria basata sulle scommesse e sulle speculazioni producono;
  11. una particolare sensibilità a cogliere l’approssimarsi degli elementi delle crisi economiche e sociali e quindi il formarsi di una cultura della “auto assicurazione”. A tempi buoni seguiranno tempi cattivi dei quali occorrerà farsi carico preventivamente. Ritengo la cultura del risparmio un’altra caratteristica della cultura artigianale. L’artigiano è attento non solo ai problemi del presente ma anche alle dinamiche evolutive e quindi ai problemi che potrebbero sorgere in futuro. Se è così, come io ritengo, ditemi voi: quale altra istituzione religiosa, politica, amministrativa, scolastica, è in grado di dare un contributo così importante alla formazione civile ed economica delle nuove generazioni?

Concludendo ritengo che la cultura artigianale abbia molti insegnamenti da dare all’uomo di oggi non solo per una armoniosa formazione delle nuove generazioni ma anche per uscire dal grave stato di confusione e crisi economica e sociale che stiamo attraversando.

Concludendo ritengo che l’artigianato ci salverà o potrà dare un grande contributo al superamento della crisi economica, sociale, civile e morale che stiamo attraversando.

Di Attilio Giampaoli

[1] Per un approfondimento si veda il quaderno n°16 “Un nuovo approccio alla teoria dei cicli economici: cultura ed economia”.

[2] Per un approfondimento si veda il quaderno n°9 “Imparare ad auto amministrarsi”.

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