domenica 21 agosto 2011

POTERE E LIBERTA'

Potere e libertà

Vi sono tante forme di potere e non tutte sono utili o comunque compatibili con gli interessi degli amministrati; a volte alcune forme di potere sono addirittura condizionanti la libera espressione della volontà degli amministrati. Partendo da questa constatazione ho deciso di mettere per iscritto le mie prime riflessioni sull’argomento in questione e le mie indicazioni per superare gli ostacoli che una cattiva concezione del potere frappone, non solo alla libertà degli individui, ma anche ad un giusto ed efficace sviluppo economico e civile. Non vi è dubbio infatti che ai fini dello sviluppo economico occorra anche una società ben ordinata, rispettosa delle libertà individuali, e basata sulla giustizia e sul bene comune. Il potere inutile e non necessario è dannoso per lo sviluppo civile ed economico. Al fine di evitare di favorire quanti intendono sfruttare il prossimo ai fini dei propri interessi personali, occorre favorire al massimo sia il decentramento amministrativo sia la capacità di auto amministrarsi[1]. Il potere non necessario possiamo trovarlo sia in una organizzazione sociale eccessivamente basata sulla delega, sia nell’intreccio eccessivo di norme e regolamenti che presiedono allo svolgimento delle varie attività.

Ritengo che alcune importanti riflessioni vadano fatte su questo argomento. Come conciliare l’esercizio del potere decisionale con i processi che favoriscono lo sviluppo economico e civile?

Alla base di quanto asserito vi è la convinzione che il migliore amministratore è l’individuo direttamente interessato al problema da gestire, e questo non solo perché l’individuo in questione è maggiormente consapevole della natura e della complessità del problema da affrontare, ma anche perché è il maggior interessato alla miglior soluzione del medesimo. Se inoltre consideriamo l’opportunità di ricondurre sia i benefici che gli oneri derivanti dagli interventi decisori agli amministratori, allora si saranno creati tutti i presupposti per la migliore amministrazione. Ciò avviene quando le figure dell’amministrato e dell’amministratore coincidono il più possibile. Si tratta insomma di favorire al massimo il decentramento amministrativo e l’auto amministrazione anche perché, come è noto, la maggior parte delle cause degli squilibri che occorre regolamentare sorgono da comportamenti erronei assunti da parte di chi tali squilibri sta subendo. Il maggior costo derivante dal decentramento amministrativo per effetto del venir meno delle economie di scala, è sicuramente compensato dalla migliore qualità dell’amministrazione ottenibile.

Insomma, tra l’amministrato e l’amministratore non andrebbe inserita una figura di intermediario. L’amministrato deve essere il più possibile amministratore di se stesso. Ritengo che non siano sufficienti delle buone norme, degli organi di controllo e un’educazione civile, per fronteggiare l’enorme spinta, frutto della dominante cultura egocentrica, ad appropriarsi di spazi di potere al fine di condizionare la vita degli altri al proprio interesse immediato e materiale. Gli esempi sul cattivo uso del potere sono sotto gli occhi di tutti. Anche se ritengo si possa fare molto con un’educazione alla responsabilità sociale ed all’impegno personale, sono tuttavia del parere che occorrano interventi più radicali per riportare l’esercizio del potere alla sua funzione più corretta, e cioè consentire e favorire lo sviluppo economico e la convivenza civile.

Con un’immagine ripeto il concetto espresso: una migliore e più efficace organizzazione dei processi decisionali si può ottenere più facilmente eliminando le strutture di potere non necessarie mediante il decentramento amministrativo e l’auto amministrazione piuttosto che migliorando le procedure amministrative e l’organizzazione della pubblica amministrazione.

La relazione tra potere e sviluppo civile ed economico si è manifestata in alcuni casi in tutta la sua chiarezza. Si pensi al comunismo di Stato il quale, ai fini del perseguimento di un presunto sviluppo civile basato sulla giustizia sociale, ha preteso, e di fatto ha svolto, un controllo totale dei comportamenti e delle decisioni degli individui, non solo nella sfera delle relazioni economiche ma anche private.

Sotto l’aspetto economico tale sistema di potere assoluto e centralistico ha dimostrato di essere fallimentare. Limitare e condizionare le libere scelte individuali non fa certo bene all’economia poiché indebolisce e distorce l’impulso naturale che vi è in ogni individuo ad esprimere se stesso nelle relazioni sociali ed a rendersi utile, seguendo la propria coscienza e i propri talenti, al perseguimento del bene comune.

Ecco quindi un primo appunto. La libertà di agire è un riconoscimento della dignità dell’individuo ed anche un modo per utilizzare al meglio le sue potenzialità. Nessuno meglio del singolo individuo sa che cosa dovrebbe o potrebbe fare nelle situazioni in cui viene a trovarsi. Quanto asserito non significa che l’autorità pubblica non debba farsi carico di regolamentare le azioni dei singoli individui quando è necessario.

Se ogni individuo e ogni Comunità diventano amministratori di se stessi, ciò impedirà all’esercito dei furbi di sfruttare, questa o quella norma, questa o quella relazione, per trarne un vantaggio personale. Quando le decisioni vengono prese dai principali interessati sarà difficile inserirsi in modo tale da mettere in atto comportamenti in danno dei medesimi con vantaggio proprio.

Riassumendo, la formula della massima coincidenza tra amministrati e amministratori porta al decentramento amministrativo. Il decentramento amministrativo comporta numerosi vantaggi; innanzitutto chi decide è anche l’individuo più interessato alla decisione da prendere e, inoltre, le decisioni vengono prese da chi ha la massima consapevolezza dei problemi. Tuttavia l’aspetto più importante è quello che il costo delle iniziative da prendere graverà interamente sull’individuo interessato alle azioni da intraprendere. Dovendo pagare il prezzo di decisioni sbagliate, essi saranno molto attenti nel valutare le decisioni da prendere. Tuttavia, quando lo riterrà necessario e conveniente, egli potrà sempre liberamente rivolgersi, dietro compenso, ad esperti e specialisti, al fine di integrare le conoscenze necessarie da lui non possedute.

Ecco che appare un quadro organizzativo completamente diverso da quello nel quale le decisioni vengono delegate istituzionalmente o liberamente ad altri. In quest’ultima situazione si da’ l’avvio ad un complesso di regole, norme e relazioni, che favoriscono l’inserimento nei processi decisionali di persone estranee alla soluzione dei problemi, le quali agiranno al solo scopo di trarre un vantaggio personale nello stesso modo in cui le acque stagnanti favoriscono il proliferare delle zanzare. Ecco quindi, mi sembra evidente, la superiorità del sistema amministrativo-organizzativo basato sul decentramento e sull’autogoverno massimi possibili, rispetto ai meccanismi di delega e di intermediazione. Il risultato che ne deriverebbe sarebbe un reale sviluppo civile ed economico.

Concludendo la mia indicazione è quella di favorire al massimo i processi di decentramento, facendo attenzione tuttavia a non inquinare tale principio con reti di salvataggio di tipo assistenzialistico, le quali porterebbero ad una deresponsabilizzazione. Per quanto riguarda l’assistenzialismo, cultura oggi molto diffusa, ritengo che esso vada ricondotto nell’ambito delle responsabilità che ogni individuo appartenente ad una Comunità deve assumersi. Ciò detto ritengo che certe situazioni cui gli individui non sono in grado di provvedere a se stessi possano contare sul sostegno della Comunità di appartenenza o della Comunità più ampia in cui quest’ultima è inserita, sempre che queste siano in grado di poter apportare il proprio aiuto solidaristico.

Di Attilio Giampaoli

[1] Per un approfondimento si veda il quaderno n°9 “Imparare ad auto amministrarsi”.

Nessun commento:

Posta un commento